Diari di Viaggio
I MIEI RACCONTI DAL MONDO
Porta a casa l'emozione della scoperta.
Questa collezione è un diario visivo, un tributo ai viaggi compiuti e alle culture incontrate. Ogni pennellata è un ricordo, una storia, un'emozione.
Questi quadri non decorano, ma narrano storie di terre lontane, momenti di profonda riflessione e l'eterno richiamo all'avventura.
Ciascun pezzo è una creazione unica, priva di copie. Per garantire l'unicità della tua casa, acquista o contattami subito.
Pakistani Threads
























Non si viaggia per fuggire dalla vita, ma perché la vita non ci sfugga.
Questo è il paese in cui sono sicuramente cresciuta di più: ho visto l'innocenza dei bambini più pura in assoluto, ho visto cosa significa VIVERE e sorridere senza avere nulla, gente lavorare duramente per guadagnare pochi centesimi al giorno, andare avanti di stenti, con il caldo che d’estate soffocherebbe qualunque forma di vita.
Eppure, la gente è abituata; sopporta il caldo, sopporta la povertà, ci vive ogni giorno, quasi come non fosse più un peso.
E se noi (compresa io) non sappiamo vivere senza un asciugacapelli, loro sanno vivere a prescindere da qualunque cosa. La gente è immensamente gentile, educata, rispettosa.
L'esperienza più forte:
Attraversavo un mercato; appena scesa dall’auto, pensavo di fare belle foto a quella loro quotidianità, così diversa dalla nostra... un gruppo di tre bambini senza scarpe, con ferite sulla faccia, vestiti strappati e visini tutti impolverati, mi si è avvicinato: mi osservavano curiosi, felici, sorridenti.
E io? Sono rimasta lì, senza parole, non riuscivo neppure a guardarli, a ricambiare il loro sorriso. Mi sentivo terribilmente in colpa, quasi come se fossi stata io a procurare loro quelle ferite, come se fossi io la causa dei loro vestiti strappati, come se fossi colpevole di chissà quali crimini contro l'umanità.
E pensavo: “perché mi guardano come se fossi la creatura più bella che loro abbiano mai visto? Perché non mi odiano?"
Non riuscivo davvero a guardarli, né a fargli una foto ricordo.
E poi, solo ore dopo, ho capito.
Non odiano, non sanno neppure cosa sia questo sentimento. La loro realtà è quella, non hanno idea dei nostri comfort e forse neppure gliene importa, non provano risentimento.
Sono ritornata subito in macchina, non volevo e non potevo capire in quel momento. Quel sentimento di colpa non andava via.
Ma è lì che sono cresciuta: non si può capire quanto siamo fortunati finché non ci si ritrova faccia a faccia con la diversità. E tante cose che prima davo per scontate, non sono affatto un privilegio di tutti.
...Quando veniamo al mondo siamo sommersi, oltre che dall’affetto dei nostri cari, da regali, giocattoli, di tutto: ma ci sono mamme che non hanno l’opportunità di garantire al proprio figlio cibo, le cure necessarie, un tetto stabile, un vestito solo che non sia troppo strappato. Senza considerare che per quella gente un figlio è uno dei beni più grandi, perché non hanno opportunità di uscire e fare serata con gli amici, di avere una casa confortevole, un lavoro o un titolo di studio che li faccia sentire realizzati.
Nessuno di noi può salvare il mondo, ma una considerazione viene naturale: l’universo esiste perché tutto in un perfetto equilibrio perpetuo, senza il quale sarebbe destinato a collassare su se stesso, o ad espandersi fino ad esaurirsi.
E su questa terra l’equilibrio non esiste; manca completamente.
Esserne consapevoli aiuta sicuramente ad essere ancora più felici ed apprezzare il “troppo” che abbiamo, senza mai darlo per scontato, e a valorizzare sempre più le piccole cose...
Ma questo viaggio, oltre che di esperienze umane, mi ha arricchito di tanta cultura.
Mi ha aiutata a capire meglio tutte le questioni di instabilità politica orientale e i difficili rapporti che ci sono tra questi paesi e i gruppi terroristici.
Il Pakistan è un bellissimo paese, e posso tranquillamente dire che non mi sono mai sentita minimamente in pericolo.
E vale davvero la pena visitare questo paese: dalla bellissima città di Peshawar con la sua popolazione afgana dagli occhi azzurri, alle bellissime e coloratissime strutture architettoniche di cui è costellato, ai templi buddhisti, moschee, al misticismo dei sufi che è qualcosa di veramente surreale: ho visto gente iniziare a danzare a ritmo di flauti e tamburi e perdersi letteralmente dentro sé stessi, come una sorta di meditazione o autoipnosi indotta per connettersi con il divino, una delle cose più incredibili che abbia mai visto.
...E poi il favoloso parco nazionale di Hingol nel Balochistan, al confine con l’Iran, dove le montagne sembrano un "mare di roccia in tempesta", davvero sembra di essere su un pianeta alieno.
Esperienza unica e indescrivibile, e ho ammirato Arbaz per aver sopportato le pesantezze di noi occidentali "viziati"... tra asciugacapelli, fotocamere, biscotti con cioccolato necessariamente fondente e foto in posti improbabili...
Il titolo "PAKISTANI THREADS" simboleggia l'intricato tessuto di culture, fede e contrasti umani che compongono il Paese. Il dipinto è la sintesi visiva di un viaggio che si è rivelato essere un confronto diretto con una realtà di estrema povertà ma che, paradossalmente, è ricca di gentilezza, dignità e gioia.
La composizione unisce la figura umana in meditazione con la bellezza cruda e maestosa delle montagne del Belucistan.
La figura femminile, immersa nel paesaggio, indossa un abito tradizionale dai motivi intricati, che rappresenta la complessa e ricca cultura pakistana e i "fili" di storia e tradizione. Il suo atto di cucire suggerisce la creazione di bellezza e l'atto di tessere il proprio destino o comprendere l'ordine cosmico (un richiamo al misticismo sufi), oltre che richiamare questa importante attività delle donne pakistane.
Ideale per collezionisti e viaggiatori che cercano un'arte con una forte risonanza culturale, antropologica, etica e meditativa. Un pezzo che onora la dignità dei popoli e riflette sulla necessità di ritrovare l'equilibrio e la gratitudine nella vita moderna.
PS. La donna rappresentata nel quadro è nata da una storia vera.
Supporto e materiali: olio su tela. 30x40
Indian Immortality












Una rappresentazione che cattura la spiritualità e la saggezza dell'India.
Inizio con il ringraziare una grande persona, che dal primo momento ha creduto in me, mi ha dato la forza per superare paure e ostacoli; che quando io ancora non credevo minimamente alle sue parole né in me stessa, diceva: “tu presto vedrai il mondo, crescerai e vedrai con i tuoi occhi cos’è la bellezza”. Quelle parole, come semi nel terreno, sono cresciute in me tanto da diventare fiori meravigliosi. Adesso capisco quello che voleva dire.
Non è sempre semplice accogliere la diversità, quando questa è appunto troppo diversa dalle nostre realtà, o vedere il bicchiere mezzo pieno quando le regole della nostra società ci dicono che è mezzo vuoto, e tentare allo stesso tempo di crescere.
E lui aveva ragione; non l’ho trovato poi così difficile andare “oltre”. E solo qui in India ne ho avuto la conferma.
Ho letto che l’India o la si ama, o la si odia. E in effetti, è così: nessun indiano conosce le buone maniere a tavola, le strade sono immerse nel caos, davanti a grattacieli tra i più moderni al mondo si ergono baraccopoli sconfinate, tutti masticano noci di betel sputando ovunque. C’è chi si ferma a questi aspetti perché, effettivamente, aggrediscono...
E poi c’è chi cerca di vederci la bellezza, perché pensa che questa sia una prerogativa dell’esistenza stessa: ci sono i milioni di sorrisi, la serenità, la gentilezza e l’accoglienza immensa che consente alla gente di aiutarsi a vicenda e di non ignorarsi, c’è quella capacità di fare amicizia tipica soltanto dei bambini che mi sconvolge ogni volta, i colori sgargianti e vivi a cui gli occhi si abituano e non se ne può più fare a meno, i bambini con il kajal che quando ti osservano sembrano volerti scrutare nell’anima, i sadhu completamente immersi nelle loro vite spirituali che sembrano personaggi surreali, i bellissimi mantra che risuonano dentro, l’odore dell’incenso, dei fiori e della ganja, la semplicità, l’umiltà, i tanti dei che non lasciano certo annoiare i fedeli durante i riti religiosi.
C’è chi crede ancora nell’essenza della vita, nella sua bellezza, nella pazienza, e nella lentezza: nonostante il traffico infatti, nessuno litiga, nessuno si insulta, nessuno urla.
E poi c’è da considerare il fascino architettonico, storico e religioso di questo paese: i colori vibranti di Jodhpur, l’armoniosa fusione di stili architettonici britannici e rajasthani, l’eredità di figure come Gandhi che guidò il paese verso l’indipendenza del 1947, seguendo la filosofia della “Satyagraha” basata sulla non violenza, la coesistenza di diverse fedi: induismo, jainisismo, buddismo e sikhismo che permeano la vita quotidiana con quel tocco di filosofia e spiritualità a noi estraneo...
Ci ritronerei? Un milione di volte: per perdermi ancora nella bellissima danza tra Lord Shiva e Parvati, nel mantra dedicato a Ganesh, nel fortissimo odore di incenso nei templi e della shisha, nella rilassante musica degli Hare Krishna e le spettacolari rappresentazioni del dio dalla pelle blu e luminosa, per osservare ancora le mani delle donne decorate con l’henné.
Dopo un po’ ho sentito il bisogno di ritornare a casa, ripulirmi i polmoni con aria pulita, ma sono stata paziente… dopotutto, lì stavo riempiendo l’anima di libertà e la mente di pensieri affascinanti.
Forse, l’India è un paese che mette alla prova la bontà d’animo.
In genere, chi giudica porta sempre dentro di sé delle mancanze: preferisce giudicare gli altri perché parlare di sé, diciamocelo, non conviene.
Ho visitato una fabbrica di jeans di una marca FAMOSISSIMA, venduti in tutto il mondo, che paghiamo centinaia di euro; ci lavorano, o meglio, vengono sfruttati ragazzini in condizioni pessime. Usano stoffa riciclata proveniente da fiumi inquinatissimi. Osservavo i milioni di jeans ammassati con la loro famosa etichetta, e in quel momento non pensavo certo che facessero schifo le condizioni in dei ragazzi, ma chi permette tutto ciò, e somiglia tanto a noi occidentali.
E mentre l’India nasconde le sue qualità mostrando un paese pieno di difetti, senza regole, inquinato, dove non c'è possibilità di crescere socialmente, sono in realtà i paesi che permettono tutto ciò, che sfruttano manodopera a basso costo, ignorando le condizioni di questa gente, ad essere e perfetti fuori, ma sporchi dentro.... che hanno fatto della vita una una corsa verso la competizione, l’insoddisfazione più assoluta, e la mancanza di empatia.
Non posso che essere grata alla vita e a quella bellissima persona, per avermi regalato qualcosa di vero e autentico, e per avermi permesso di vivere sulla mia pelle tutto ciò, e questo ha un valore intestimabile... Chat GPT non può assolutamente nulla con tutto ciò.
Inizio a pensare che, dopo mesi di viaggi... Il destino vuole che inizi a scrivere libri per raccontare di tutto, ma soprattutto... di tutti
"L'India ti cambia. Ti fa vedere il mondo in un modo diverso. Ti fa capire che la vita è molto più di quello che pensiamo;
L'India è un paese di estremi. C'è la ricchezza più sfrenata e la povertà più abietta. C'è la bellezza più sublime e la bruttezza più ripugnante. Ma c'è anche una spiritualità che non si trova da nessun'altra parte.
In India, la morte è parte della vita. Non è qualcosa di cui aver paura. È solo un passaggio;
L'India è un paese che ti insegna l'umiltà. Ti fa capire che sei solo una piccola parte di un tutto molto più grande."
- Tiziano TERZANI
Questo quadro è la sintesi visiva di un viaggio che mette in discussione la superficialità del mondo occidentale. La figura del Sadhu incarna la lentezza, l'umiltà e la spiritualità profonda che permeano la vita indiana. L'opera è una meditazione sull'essenza dell'esistenza, ricordando che la vera bellezza risiede nell'anima, nella capacità di accoglienza e nel non giudizio—qualità viste in un paese che "nasconde le sue qualità mostrando un paese pieno di difetti."
Il Sadhu, con la sua lunga barba e gli occhi chiusi, è immerso nel fiume Gange, simboleggiando la purificazione e l'abbandono al destino divino. Egli incarna l'umiltà e la saggezza che "non hanno paura della morte."
Ideale per collezionisti, viaggiatori e pensatori che cercano un'arte con una forte risonanza spirituale, etica e antropologica. Un pezzo che invita a cercare l'essenza oltre l'apparenza, onorando la dignità umana e la ricchezza culturale dell'India.
Supporto e materiali: olio su tela. 30x40
Arabian Glances
















Il mio primo viaggio, la prima esperienza fuori dall’Europa.... un grandissimo problema è stato.... Perché difficilmente si può fare un viaggio più bello, più vivo, più umanamente ricco di questo.
Iniziò tutto dalla farmacista: “Dottoressa, devo partire, mi servono dei farmaci da portare con me… tachipirina, antibiotici, cortisone, integratori…”
Dottoressa: “Bene, bellissimo...e dove te ne vai di bello?”
IO: “In Arabia Saudita”.
La dottoressa guarda mia mamma, negli occhi, e le dice: “Oh povera mamma!"
Poi si gira verso di me: "Ma ti rendi conto? Lì sono pazzi, ma stai così bene a casa tua, cosa ci vai a fare?”
Per fortuna ho scelto di fidarmi delle persone giuste, per fortuna sono abbastanza coraggiosa, per fortuna non è facile spegnere dentro di me la curiosità e la voglia di acquisire sempre nuove conoscenze, altrimenti è possibile che questa affermazione mi avrebbe fatto annullare l'intero viaggio.
Mi direte voi, alla fine, se aveva ragione la farmacista oppure no.
Se potessi con una sola parola esprimere l’Arabia Saudita e tutti la gente che ho incontrato, sarebbe questa: il popolo più ACCOGLIENTE/ ALTRUISTA che si possa immaginare. Sono tornata a casa con le valigie strapiene di cose, tante di gran valore, e tante che non ho potuto portare con me e ho dovuto lasciarle lì.
Ma non solo le valigie sono tornate traboccanti, anche il cuore è ritornato colmo di serenità ed esperienze meravigliose, che non basterebbe una libro per raccontarle tutte.
A partire da quando ho perso il cellulare a Riyadh; hanno tutti fatto l’impossibile per aiutarmi a ritrovarlo, addirittura contattando illegalmente la security del posto...
Alla sera che, ad Ushaiqer, triste e disperata per aver perso cellulare con foto e documenti, un bellissimo bambino di nome Ibrahim, tenendo la mano della sua mamma dal volto coperto, è venuto da me per regalarmi il suo sacchetto di patatine e il suo bellissimo sorriso. In quel momento mi sono resa conto di quanto sia stato stupido da parte mia aver quasi desiderato di tornare a casa per aver perso il cellulare...
E quando, mentre eravamo diretti in auto verso AlUla, abbiamo chiesto informazioni ad una delle poche auto che passava da lì: un gentile signore che non dimenticherò mai, ci ha accompagnati per una trentina di chilometri fino al bivio giusto, per assicurarsi di persona che saremmo giunti a destinazione; e non solo, senza dirci niente ci ha procurato benzina, spesa e cibo per il viaggio di cui non avevamo neppure bisogno, come solo un padre avrebbe potuto fare. Ma come si può mai ringraziare tanta gentilezza? È possibile?
Ad Ahmed che ci ha invitati a casa sua e ci ha ospitati come fossimo parte della sua famiglia, regalandoci pellicce di cammello e un bastone per scacciare i serpenti di grande valore, cosa che loro fanno solo con i più cari degli amici. (anche se, per ovvie ragioni, non ho adorato queste pellicce).
A Mohammed, che ci ha regalato una notte in un resort meraviglioso, ad Īsa che ci ha regalato tutto il suo tempo per farci vivere i posti e senza voler nulla in cambio.
A tutti coloro che mentre passeggiavamo tra i souq, ci raggiungevano per regalarci qualcosa, tra cui fiori, miele, libri, oggetti fatti a mano, datteri, dolci, vestiti, caffè arabo.
A Zaid, suo fratello e suo padre che ci hanno offerto un pranzo da re solo avendo intuito che eravamo turisti.
Tutto indimenticabile, surreale, assurdo, inaspettato.
Non ho visto randagi per le strade, non ho visto mendicanti, non ho visto maleducazione, nessuno litigare o avere fretta, non ho visto nessuno rifiutarsi di dare una mano ad altri.
Non ho visto strade dissestate ma solo grandissime e nuovissime autostrade in mezzo al deserto, persino dove non passa praticamente nessuno. Tutto in costruzione, tutto in evoluzione, tutti con Suv di ultima generazione,e tutto questo può essere possibile solo in un paese con un popolo generoso, altruista e con nessuna forma di egoismo.
E la cosa che mi ha colpito di più: la loro capacità di fare amicizia, con una semplicità e una facilità che mi affascinava ogni volta.
La bellezza di questo paese si può spiegare solo analizzando questi fattori: è stato un paese completamente chiuso agli stranieri e al turismo fino al 2019. Il covid ha poi contribuito a preservarlo per altri 3 anni, quindi si può considerare un paese che non ha visto la maleducazione dei turisti fino al 2023. Ma ancora in pochi lo visitano, troppe paure e pregiudizi. E tutta questa bellezza rimane ancora nascosta: tutti hanno voglia di regalare e condividere qualcosa, forse proprio perché si tratta di un paese ricco.
E poi c'è l’islam che impone loro il massimo e più profondo rispetto e accoglienza verso stranieri, le bellezze naturalistiche, i deserti ancora poco contaminati dalle frotte di turisti rumorosi: impossibile dimenticare il Rainbow Arc, una bellezza nascosta e lontana dove non vi era anima viva a parte due cammellieri sudanesi, e il tramonto più romantico e bello che abbia mai visto... le foto non rendono abbastanza.
E le donne? E’ vero, tutte coperte e con l’hijiab. Ma nessun obbligo le vincola ad indossarlo, è una scelta, anche se spesso dettata dalle ancora vive norme etiche e sociali che glielo impongono. Ma nonostante ciò lavorano, guidano, sono sempre più libere e so che vengono rispettate come donne molto più che nei nostri paesi liberi… certo, gli psicopatici ci sono ovunque, ma sicuramente in numero molto minore che da noi (aggiornandoci sugli ultimi eventi di cronaca nera italiani che fanno venire la pelle d'oca).
E la meravigliosa regione dell’Asir, tra monti, villaggi costruiti in stile yemenita, e la bellissima città di Najiran, giù al confine: se in tutto il resto dell'Arabia la gente era ospitale, qui lo è stato a livelli che superano l’immaginazione. Ho visitato il mercato dei pugnali, oggetti usati come ornamento estetico sui vestiti, e mai potrò dimenticare l’accoglienza ricevuta: Ahmed e tutti i suoi piccoli fratelli felicissimi di mostrarci il loro paese e la loro cultura, e nonostante fossi l’unica donna e per giunta neanche coperta da un hijiab, mai per un secondo mi sono sentita in pericolo.
"C’è qulcosa che in Arabia Saudita non ti è piaciuto?" Sì, e mi dispiace dirlo... Le migliaia di datteri che ho ricevuto!
Ideale per collezionisti e viaggiatori che cercano un'opera d'arte con una forte narrazione culturale e umana, che sfida il giudizio e celebra la bellezza, la dignità e l'accoglienza al di là delle barriere geografiche e mentali.
Supporti e materiali: Olio su tela 30x40 cm.
Spirit of Sepik






Un'opera che cattura l'essenza mistica e la profonda connessione tra l'uomo e la natura incontaminata, ispirata alle tradizioni ancestrali della Papua Nuova Guinea.
Concept e Ispirazione: Ispirato dai ritratti di un viaggiatore nella regione del fiume Sepik, questo quadro è un omaggio allo "Spirit of Sepik", un'esplorazione artistica delle culture tribali dove il corpo diventa una tela vivente di storia, identità e spiritualità. L'opera evoca la forza silenziosa e la saggezza ancestrale di popolazioni che vivono in armonia con una natura potente e rigogliosa.
Il dipinto si concentra sulla schiena muscolosa di una figura maschile, immersa in un ambiente che suggerisce la profondità della giungla.
La Schiena come Tela: La pelle è marcata da cicatrici rituali (scarificazioni) che disegnano motivi intricati. Questi segni non sono solo decorazioni, ma simboli di rito di passaggio, forza tribale e appartenenza. Rappresentano la storia personale e collettiva incisa direttamente sul corpo.
La figura emerge da un turbinio di verdi intensi e blu scuro, che evocano la vegetazione densa del fiume Sepik. Il colore della pelle si fonde con le tonalità terrose e acquatiche, sottolineando l'unità tra l'individuo e il suo ambiente naturale.
Ideale per collezionisti e viaggiatori appassionati che cercano un pezzo unico, capace di evocare storie di culture lontane, spiritualità profonda e il potere della natura.
Supporto e materiali: Olio su tela 30x40
Hourglass of Life - from Barhein






Un'esplosione luminosa di giallo e movimento che invita alla riflessione sulla libertà interiore e sul valore del tempo che scorre.
Ispirato al deserto come simbolo di ricerca spirituale e libertà. Il quadro è una meditazione sulla natura fugace della vita, dove le dune in continuo movimento e i vortici dinamici simboleggiano la Clessidra della Vita. È un monito a "caricare i nostri giorni di bellezza, curiosità e passione."
Dominato da calde tonalità dorate e ocra, il dipinto è animato da spirali energiche e dalle farfalle (simboli di trasformazione) che attraversano il paesaggio. La composizione è vibrante e astratta, enfatizzando l'importanza di cogliere il senso e la bellezza della vita in ogni momento.
Ideale per chi cerca un'opera d'arte che unisce un'estetica solare e vibrante a una profonda risonanza filosofica.
Tecnica, materiali e supporto: Olio su tela 30x40
